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Aldo Forbice, Paolo De Nardis, Zapping, Radiouno, 10/9/10 Stampa

Dibattito radiofonico sul libro Terroni di Pino Aprile nella trasmissione “Zapping” (RADIOUNO 9/9/10; scaricabile su http://www.radio.rai.it/podcast/A0064483.mp3) in sintesi veniva dichiarato quanto segue:

OSPITI:

Il sociologo Paolo De Nardis:

è vero che c’erano fabbriche ma la Napoli-Portici era il gingillo dei Borbone per unire due regge… Pietrarsa era un’idea pittoresca del re Borbone…

Il problema erano i Borbone: Savoia e Borbone furono due vergogne.

Il vero spirito italiano era quello dei patrioti del 1799…

Giovanni Morandi:

è un libro aneddotico, frutto di una mentalità localista, scimmiottamento della Lega, è vero che ci furono vittime ma la guerra è guerra: la valutazione complessiva va fatta con altri elementi: questo il lavoro dello storico, ecco i limiti del giornalista Pino Aprile…

CONDUTTORE DELLA TRASMISSIONE ALDO FORBICE: nel libro i soliti luoghi comuni, la ferrovia borbonica fu regalata dagli stranieri e i Borboni l’accettarono per imitare gli altri…

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Risposte inviate a Zapping e al prof. De Nardis

Gentilissimo prof. De Nardis, ho ascoltato il Suo recente intervento a “Zapping” e, dopo circa 25 anni di ricerche soprattutto archivistiche, mi permetto di sottoporLe alcune osservazioni:

1)“La Napoli-Portici era un gingillo dei Borbone per unire due regge”.

I 7.900 metri della strada erano stati costruiti in un anno: solo in ottobre l’avevano percorsa 57.779 persone; 28.000 nei primi giorni di novembre. Le tariffe (molto basse) prevedevano “per i primi posti grani 5; per i terzi posti grani 3; bue, vacca, toro grani 6; cavallo o altro animale da tiro grani 3.5; vitello, montone, porco 1.5 grani; grani 12 per ogni cantaia di mercanzia; grani 12 per vettura sopra piattaforma”. Nel 1843 fu inaugurato il tratto Napoli-Caserta prolungato fino a Capua nel 1845; nel 1856 il tratto Nola-Sarno mentre era già stata prolungata la prima linea fino a Castellammare. I successivi progetti non furono portati a termine e le difficoltà attuali di molte linee ferroviarie meridionali confermano le difficoltà incontrate dallo stesso governo borbonico nel miglioramento delle ferrovie e la sua lungimiranza nella valorizzazione dei trasporti marittimi (prima flotta mercantile in Italia, terza in Europa per quantità di navi e di merci esportate).

Inutile, in questa sede, replicare al simpatico raccontino del conduttore Aldo Forbice secondo il quale quella stesa ferrovia fu addirittura “regalata dagli stranieri ai Borbone che l’accettarono per imitare gli altri”…

2) “La fabbrica di Pietrarsa era un’idea pittoresca del re Borbone”.

Quella di Pietrarsa era la più grande fabbrica metalmeccanica d’Italia con i suoi 1050 operai (al giugno 1860): l’Ansaldo di Genova dava lavoro solo a 480 operai mentre la FIAT di Torino non era ancora nata. Pietrarsa produceva locomotive, rotaie, carri-merci, cuscinetti, ruote, torni, spianatrici, fucine, magli a vapore, cesoie, foratrici, gru, affusti di cannone, apparecchiature telegrafiche, bombe, granate, laminati, trafilati per 5400 tonnellate di acciaio all’anno. Ad essa era annessa una “Scuola per macchinisti e fuochisti” (decreto  del  15 luglio 1845) con lo scopo (raggiunto) di un’adeguata formazione professionale e di affrancarsi dalla dipendenza inglese.

Alle successive gare pubbliche italiane Pietrarsa non fu neanche convocata e in pochi anni divenne “officina di riparazioni” (nel 1863 l’esercito sparò sugli operai in rivolta ammazzandone quattro: i primi sconosciuti martiri operai italiani…: cfr. Fondo Questura, Archivio di Stato Di Napoli).

3) In quanto alla “vergogna dei Borbone”, certo quella dinastia non era immune da difetti, ma “pareggiarli” ai Savoia è davvero eccessivo: fu l’esercito sabaudo a massacrare centinaia di migliaia di briganti in tutto il Sud con la possibilità legale di decapitare i prigionieri “per comodità di trasporto” (Fondo Brigantaggio, Busta 60, Ufficio Storico, Archivio di Stato Maggiore, Ministero della Difesa, Roma e cfr. i 3 recenti volumi editi dall’Ufficio Centrale per i Beni Archivistici).

E il filo rosso da Lei richiamato esiste davvero con il famoso 1799: oltre 60.000 meridionali “passati a fil di spada” dai francesi in meno di 5 mesi (Memorie del Generale P. Thiebault).

Dopo 150 anni potrebbe essere utile per tutti superare molti luoghi comuni e molti miti del cosiddetto Risorgimento.

Cordiali saluti