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Inno a scuola: il "Parlamento" si rivolge alla Corte Europea Stampa

Il “Parlamento delle Due Sicilie” (IV Commissione Cultura e Istruzione) ha inviato alla Commissione e alla Corte di Giustizia Europea una denuncia contro il progetto di legge appena passato alla Camera e relativo all’insegnamento obbligatorio dell’inno di Mameli nelle scuole elementari italiane. Nel dossier (allegato) inviato a Luxembourg (Corte di Giustizia dell’Unione Europea) e a Bruxelles (Segreteria Generale Commissione Comunità Europee) si evidenziano alcuni aspetti della delicata questione qui riportati in sintesi.

Il testo sarebbe incompatibile con la “Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea” quando sancisce che “I popoli europei nel creare tra loro un’unione sempre più stretta hanno deciso di condividere un futuro di pace fondato su valori comuni”: i suoi versi  (“Già l’Aquila d’Austria/le penne ha perdute./Il sangue d’Italia,/Il sangue Polacco,/Bevé, col cosacco,/Ma il cor le bruciò”) esaltano, infatti, le azioni imperialiste dell’impero romano (topos ereditato tal quale dal Fascismo)  fomentando l’odio contro uno Stato sovranazionale, quale era allora l’Impero austriaco, esaltando la guerra e l’odio etnico (al contrario di tutti gli altri inni dell’Unione Europea).

La legge, inoltre, è in contrasto con gli articoli 10 e 11 della stessa Carta (relativi alla libertà di coscienza, alla libertà di pensiero, alla libertà di opinione e a quella di “di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche e senza limiti di frontiera”): l’indottrinamento politico e antidemocratico veicolato dalla legge in questione va contro la libertà di pensiero e ciò sarebbe tanto più grave in una fase della storia italiana come quella che stiamo vivendo, nella quale è forte e fecondo il dibattito sul Risorgimento e sui suoi limiti non più occultabili e soprattutto riferibili ai danni materiali e morali subiti dalle popolazioni dell’ex Regno delle Due Sicilie in termini di massacri, saccheggi e colonizzazioni, con sviluppi ancora drammaticamente attuali se solo si pensa a questioni meridionali famose ma sempre più dimenticate.

In questo senso l’imposizione della marcia di Mameli e Novaro va poi contro il successivo articolo 22: “L’Unione rispetta la diversità culturale, religiosa, linguistica”. Ciò risulta evidente da quanto è stato scritto: i popoli e gruppi di persone qui descritte non si riconoscono nei miti patriottici propri dell’Inno di Mameli e saranno costretti ad accettarli.
L’Inno di Mameli, infine, sfrutta diversi falsi storici, usati per scopi di propaganda militaresca dal regime totalitario che dominò l’Italia per vent’anni. In nessun modo, dunque, esso può rappresentare istanze di libertà e di democrazia e a maggior ragione non deve assolutamente essere imposto ai nostri bambini (e non ai “Balilla” citati nell’inno).
I ricorrenti, pertanto, domandano alle Istituzioni in indirizzo di intervenire affinché il Governo italiano non dia corso all’approvazione di questo progetto di legge già al centro di numerose polemiche.

ALLEGATO DOSSIER INTEGRALE A CURA DI LORENZO TERZI - COMMISSIONE CULTURA E ISTRUZIONE DEL “PARLAMENTO DELLE DUE SICILIE”  Ufficio Stampa 347 8492762 www.parlamentoduesicilie.it
www.neoborbonici.it

COMMISSIONE IV: CULTURA E ISTRUZIONE (A CURA DEL DR. LORENZO TERZI)

Denuncia alla Commissione e alla Corte di giustizia europea
contro il progetto di legge Frassinetti
“Disposizioni per l’insegnamento dell’inno nazionale
nelle scuole del primo ciclo dell’istruzione”

Alla Commissione delle Comunità europee
(alla cortese attenzione del Segretario generale)
Rue de la Loi, 200
B-1049 Bruxelles
Belgio

Alla Corte di giustizia dell’Unione europea
Palais de la Cour de Justice
Boulevard Konrad Adenauer
Kirchberg
L-2925 Luxembourg
Luxembourg


PREMESSA

La Commissione cultura della Camera dei deputati dello Stato italiano ha approvato e trasmesso al Senato, il 14 giugno scorso, un progetto di legge presentato dal deputato Paola Frassinetti e da altri firmatari e intitolato “Disposizioni per l’insegnamento dell’inno nazionale nelle scuole del primo ciclo dell’istruzione”.
Il testo dell’articolo 1 del provvedimento in questione recita:

A decorrere dall’anno scolastico 2011/2012, nelle scuole del primo ciclo di istruzione, nell’ambito delle attività volte all’acquisizione delle competenze e delle conoscenze relative a «Cittadinanza e Costituzione», di cui all’articolo 1 del decreto-legge 1° settembre 2008, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2008, n. 169, è previsto l’insegnamento dell’inno nazionale e dei suoi fondamenti storici e ideali, attraverso il supporto degli strumenti didattici necessari.

Prima di affrontare la questione di merito, è opportuno ricordare cosa si intenda, nel progetto di legge, per “inno nazionale”.
L’inno ufficiale della Repubblica italiana è Fratelli d’Italia, una composizione in versi scritta nell’autunno del 1847 dall’aristocratico mazziniano genovese Goffredo Mameli (detta, perciò, anche Inno di Mameli). Costui, nato il 5 settembre 1827, morì il 6 luglio 1849, a ventidue anni, per un’infezione sopraggiunta a una grave ferita da lui ricevuta mentre difendeva la cosiddetta “Repubblica romana”, formazione politica illegittima costituita dalla fazione “liberale” dopo l’assassinio del primo ministro pontificio Pellegrino Rossi e la fuga del papa Pio IX da Roma.
La musica dell’inno venne realizzata da Michele Novaro, anch’egli genovese, il quale prestò il proprio mediocre talento artistico ad altri verseggiatori “patriottici”.
Per comprendere meglio i motivi della presente denuncia sarà opportuno riportare, di seguito, le strofe vergate dal Mameli:
 

Fratelli d’Italia
L’Italia s’è desta,
Dell’elmo di Scipio
S’è cinta la testa.
Dov’è la Vittoria?
Le porga la chioma,
Ché schiava di Roma
Iddio la creò.
Stringiamci a coorte
Siam pronti alla morte
L’Italia chiamò.

Noi siamo da secoli
Calpesti, derisi,
Perché non siam popolo,
Perché siam divisi.
Raccolgaci un’unica
Bandiera, una speme:
Di fonderci insieme
Già l’ora suonò.
Stringiamci a coorte
Siam pronti alla morte
L’Italia chiamò.

Uniamoci, amiamoci,
l’Unione, e l’amore
Rivelano ai Popoli
Le vie del Signore;
Giuriamo far libero
Il suolo natìo:
Uniti per Dio
Chi vincer ci può?
Stringiamci a coorte
Siam pronti alla morte
L’Italia chiamò.

Dall’Alpi a Sicilia
Dovunque è Legnano,
Ogn’uom di Ferruccio
Ha il core, ha la mano,
I bimbi d’Italia
Si chiaman Balilla,
Il suon d’ogni squilla
I Vespri suonò.
Stringiamci a coorte
Siam pronti alla morte
L’Italia chiamò.

Son giunchi che piegano
Le spade vendute:
Già l’Aquila d’Austria
Le penne ha perdute.
Il sangue d’Italia,
Il sangue Polacco,
Bevé, col cosacco,
Ma il cor le bruciò.
Stringiamci a coorte
Siam pronti alla morte
L’Italia chiamò.
 

Ogni italiano dotato di cultura media - se interrogato con la garanzia che la sua risposta sarebbe rimasta anonima - non esitò mai un momento ad ammettere quanto fossero brutti e retorici i versi di Mameli e come suonasse inevitabilmente cacofonica la marcetta di Novaro. Ciò è tanto vero che nei passati decenni si susseguirono diverse proposte volte a sostituire l’inno sopra riportato con un altro, più degno delle gloriose tradizioni musicali e letterarie dei popoli italiani.
Comunque sia, codeste Istituzioni non possono certo pronunciarsi su questioni “estetiche” riguardanti gli inni nazionali degli Stati membri.
Perciò i ricorrenti desiderano piuttosto ricondurre l’attenzione degli illustri interlocutori sull’opportunità di rendere obbligatorio l’insegnamento di Fratelli d’Italia nelle scuole italiane del primo ciclo d’istruzione, così come sarebbe sancito dalla legge in corso di definitiva approvazione.
 
ASPETTI PROBLEMATICI DEL PROGETTO DI LEGGE

1) Incompatibilità dell’inno Fratelli d’Italia con la “Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea”.

La “Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea”, solennemente proclamata dal Parlamento, dal Consiglio e dalla Commissione europea, sancisce nel Preambolo il seguente principio:

I popoli europei nel creare tra loro un’unione sempre più stretta hanno deciso di condividere un futuro di pace fondato su valori comuni.

Ebbene, l’inno Fratelli d’Italia contraddice tale nobile principio nella maniera più aperta e violenta.
Come abbiamo visto prima, infatti, esso contiene i seguenti versi:

Son giunchi che piegano
Le spade vendute:
Già l’Aquila d’Austria
Le penne ha perdute.
Il sangue d’Italia,
Il sangue Polacco,
Bevé, col cosacco,
Ma il cor le bruciò.

Dopo aver celebrato - nella prima strofa - le azioni guerresche e imperialiste dell’impero romano (topos ereditato tal quale dal Fascismo), l’autore fomenta l’odio contro uno Stato sovranazionale, quale era allora l’Impero austriaco.
Bisogna peraltro considerare che oggi l’Austria è un paese membro dell’Unione europea; nell’ambito dello Stato italiano, inoltre, sono presenti sue significative minoranze linguistiche e affettive. Usare il termine “Austria” tout court rischia, pertanto, di scatenare effetti di risentimento e di odio etnico, specie in un giovanissimo studente - magari sprovveduto - che potrebbe facilmente indirizzare i propri furori “patriottardi” contro l’Austria attuale.
Senza contare che nessun inno, di nessun paese dell’Unione europea, esalta la guerra e incita all’odio etnico.
Ciò apparirà chiaro se confronteremo il testo di Mameli con quello di altri inni europei.
La Marsigliese contiene riferimenti aggressivi contro la monarchia sfruttatrice del popolo; ma non vi si fa accenno a guerre di conquista territoriale.
God save the Queen glorifica la regina della Gran Bretagna; l’unico accenno a “nemici”, per giunta ipotetici, è contenuto nel passo: “Disperdi i suoi [della Regina] nemici e falli crollare. Confondi i loro intrighi, ostacola le loro manovre disoneste”. Anche in questo caso, nessun accenno a guerre.
L’inno statale della repubblica federale di Germania si limita a invocare “Unità, giustizia e libertà per la patria tedesca”.
La Marcha Real spagnola non ha testo ufficiale.
L’inno della repubblica slovena recita: “Che un fulmine dalle nuvole colpisca i nemici della nostra stirpe; adesso, come lo era quella dei padri, la casa degli sloveni sia libera”. Qui affiora un certo orgoglio patriottico, ma non si fa cenno a guerre d’aggressione.
Quanto alla Repubblica di Turchia, il massimo di “virulenza” del suo inno si trova nella frase: “Quali uomini non morrebbero per questa terra bella come il Paradiso?”. Peraltro la domanda è inserita in un contesto che parla di “difesa”.
Nell’inno della Repubblica russa si esalta addirittura la fratellanza tra popoli ospiti dello stesso Stato: “Sii gloriosa, nostra Patria libera, Unione eterna di popoli fratelli…”.
Inno del Belgio: “O Belgio, o madre cara, a te i nostri cuori, a te le nostre braccia, a te il nostro sangue, o Patria! Noi lo giuriamo tutti, tu vivrai! Vivrai sempre grande e bella e la tua invincibile unità avrà per motto immortale: il Re, la Legge, la Libertà!”. Niente “spade vendute” o “cuori bruciati”.
Perfino la versione italiana dell’inno austro-ungarico, risalente al 1856, quindi posteriore a Fratelli d’Italia, non lascia spazio a risentimenti o a rivendicazioni belliciste: vi si parla di amore, fratellanza e pace. Anzi, nelle strofe successive si sottolinea il ruolo dei soldati come difensori e si esaltano le glorie derivanti dalle arti pacifiche e incruente, dal lavoro, dall’unione e dalla concordia fra i popoli dell’Impero. Ecco il testo:
 


Serbi Dio l’austriaco regno
Guardi il nostro imperator!
Nella fé che gli è sostegno
Regga noi con saggio amor!
Difendiamo il serto avito
Che gli adorna il regio crin
Sempre d’Austria il soglio unito
Sia d’Asburgo col destin.

Pia difesa e forte insieme
Siamo al dritto ed al dover;
E corriam con lieta speme
La battaglia a sostener!
Rammentando le ferite
Che di lauri ci coprir;
Noi daremo beni e vite
Alla patria, al nostro Sir.

Dell’industria a’ bei tesori
Sia tutela il buon guerrier;
Incruenti e miti allori
Abbian l’arti ed il saper!
Benedica il Cielo e renda
Glorioso il patrio suol,
E pacifico risplenda
Sovra l’Austria ognora il sol!

Siam concordi, in forze unite
Del potere il nerbo sta;
Alte imprese fian compite,
Se concordia in noi sarà.
Siam fratelli, e un sol pensiero
Ne congiunga e un solo cor;
Duri eterno questo Impero,
Salvi Iddio l’Imperator!

Presso a Lui, sposa beata,
Del Suo cor l’Eletta sta,
Di quei vezzi inghirlandata,
Che non temono l’età.
Sulla Mite in trono assisa
Versi il Cielo ogni suo don:
Salve Augusto, salve Elisa,
E d’Asburgo la Magion!

L’Inno Fratelli d’Italia e la sua imposizione ai fanciulli italiani sono inoltre contrarie alla “Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea” sotto altri aspetti.
Innanzitutto, contrastano con l’articolo 10 - dedicato alla “Libertà di pensiero, di coscienza e di religione” - in quanto l’indottrinamento politico e antidemocratico veicolato dalla legge in questione va contro la libertà di pensiero. Ciò sarebbe tanto più grave in una fase della storia italiana come quella che stiamo vivendo, nella quale è forte e fecondo il dibattito sul Risorgimento e sui suoi imiti non più occultabili.
La legge Frassinetti, pertanto, conculca anche la “Libertà di espressione e d’informazione” riaffermata dall’articolo 11 (comma 1) della Carta: “Ogni individuo ha diritto alla libertà di espressione. Tale diritto include la libertà di opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche e senza limiti di frontiera”. È palese, infatti, che il carattere coercitivo della suddetta proposta di legge permetterebbe alle “autorità pubbliche” di limitare la libera informazione delle persone.
Il testo di Mameli contraddice, poi, il “Diritto all’istruzione”, a proposito del quale la Carta afferma solennemente (articolo 14, comma 3): “3. La libertà di creare istituti di insegnamento nel rispetto dei principi democratici, così come il diritto dei genitori di provvedere all’educazione e all’istruzione dei loro figli secondo le loro convinzioni religiose, filosofiche e pedagogiche, sono rispettati secondo le leggi nazionali che ne disciplinano l’esercizio”.
Ancora, Fratelli d’Italia propugna di fatto il disprezzo dell’articolo 19, comma 1 della Carta: “Le espulsioni collettive sono vietate”. Al suono delle note di Novaro, infatti, numerose popolazioni germanofone, francofone e slavofone vennero costrette a espatriare o a soggiacere all’Inno di Mameli, composizione potenzialmente offensiva della loro storia e dei loro sentimenti, dal momento che esse non poterono mai esprimersi in modo democratico per scegliere di appartenere o meno all’Italia. Ne consegue che l’Inno viola anche, clamorosamente, l’articolo 21, che sancisce il principio di “Non discriminazione”: nelle cosiddette “terre irredente”, infatti, tali discriminazioni si verificarono in maniera massiccia.
L’imposizione della marcetta di Novaro va poi contro il successivo articolo 22: “L’Unione rispetta la diversità culturale, religiosa, linguistica”. Ciò risulta evidente da quanto è stato detto or ora: i popoli e gruppi di persone qui descritte, che non si riconoscono nei miti patriottici propri dell’Inno di Mameli, saranno costretti ad accettarli. Unica eccezione, la comunità Sudtirolese, che ha ottenuto un apposito emendamento, facendo parte di una Regione a statuto speciale.
Il progetto di legge Frassinetti può perfino essere considerato, lato sensu, in conflitto con l’articolo 24, nel quale vengono consacrati i “Diritti del bambino”, poiché i fanciulli verrebbero a essere il principale bersaglio dell’opera propagandistica svolta mediante l’insegnamento forzato e l’esecuzione di Fratelli d’Italia.
Stridente è, infine, la contraddizione fra la proposta di legge e il “Diritto di cittadinanza”, proclamato dall’articolo 39, nonché il principio di “autodeterminazione dei popoli“, di competenza delle Nazioni Unite, ma accettato dall’Unione Europea. Gli abitanti di diversi territori racchiusi nell’ambito dell’attuale Stato italiano, tra i quali ricordiamo le provincie di Bolzano, Trento, Trieste, Gorizia e altre aree dell’odierna provincia di Udine, non furono mai chiamati a partecipare a un referendum democratico che ne confermasse l’annessione all’allora Regno d’Italia dopo la conquista del 1918.
 
2) L’inno Fratelli d’Italia avvalora ed esalta dei gravi falsi storici, alcuni dei quali furono esplicitamente rivendicati dal Fascismo.

Nel testo dell’Inno di Mameli si trova il seguente distico:

I bimbi d’Italia
Si chiaman Balilla…

Il sito istituzionale che commenta Fratelli d’Italia afferma, con sospetta pudicizia: “Sebbene non accertata storicamente, la figura di Balilla rappresenta il simbolo della rivolta popolare di Genova contro la coalizione austro-piemontese”. Insomma, si tratta di un falso storico.
Giovan Battista Perasso, detto appunto “Balilla”, sarebbe da identificarsi in un giovane del quartiere genovese di Portoria che nel dicembre del 1746 avrebbe scagliato una pietra contro le truppe austro-piemontesi, innescando così la rivolta popolare.
Questo episodio, dubbio e oscuro, venne enfatizzato un secolo dopo proprio da Mameli, in funzione anti-austriaca. Significativamente si “sorvolò” sul fatto, piuttosto imbarazzante, che la ribellione genovese aveva avuto quale bersaglio anche i soldati piemontesi dei Savoia, nella fattispecie di Carlo Emanuele III.
Ironia della sorte, nello stesso anno 1849 in cui Mameli morì Genova insorse energicamente contro il re di Sardegna: costui non era altri che Vittorio Emanuele II di Savoia-Carignano, il futuro primo sovrano del Regno d’Italia, destinato a passare alla storia - immeritatamente - con il soprannome di “Re Galantuomo”. Ebbene, i genovesi assalirono le truppe sabaude al grido di “Balilla e indipendenza!”. La ribellione venne domata nel sangue, con l’aiuto delle truppe inglesi: Genova fu bombardata indiscriminatamente, e subito dopo messa a sacco.
Il Fascismo proseguì nella mistificazione “patriottica”, aggravandola. “A integrare la missione educativa della scuola fascista” il Regime creò nel 1926 l’Opera Nazionale Balilla, destinata ai giovani e giovanissimi dagli otto ai diciotto anni, con finalità di assistenza scolastica e di inquadramento paramilitare attuate per mezzo delle quattro organizzazioni dette dei “Balilla”, degli “Avanguardisti”, delle “Piccole Italiane” e delle “Giovani Italiane”.
Non basta: fu composto anche un “inno del Balilla”, Fischia il sasso. I primi quattro versi della non proprio alata composizione suonavano così:

Fischia il sasso, il nome squilla
del ragazzo di Portoria,
e l’intrepido Balilla
sta gigante nella storia...

Per giunta il 27 ottobre 1932, in occasione del “Decennale della Marcia su Roma”, ovvero della presa del potere da parte di Mussolini e del suo partito, fu varata una serie di francobolli commemorativi dell’evento. Uno di essi, del valore di venti centesimi di lira, recava quale dicitura proprio il distico di Fratelli d’Italia che abbiamo sopra ricordato.

 

L’Inno di Mameli, insomma, sfrutta dei falsi storici, usati per scopi di propaganda militaresca dal regime totalitario che dominò l’Italia per vent’anni. In nessun modo, dunque, esso può rappresentare istanze di libertà e di democrazia. A maggior ragione, non deve assolutamente essere imposto ai fanciulli, a meno di non volerli trasformare di nuovo in piccoli “Balilla”!

I ricorrenti, pertanto, domandano alle Istituzioni in indirizzo di intervenire affinché il Governo italiano non dia corso all’approvazione di questo sciagurato progetto di legge.