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Oltre i luoghi comuni: riflessioni e spunti per il Sud di domani Stampa
La scorsa settimana  ero a Casal di Principe, alla ricerca di una Concessionaria che promozionava un auto di piccola cilindrata, rigorosamente Italiana. Pur vivendo in un’area limitrofa, Casal di Principe mi era completamente sconosciuta; non mi era mai  capitato finora  di entrare nei confini della “terra di Gomorra”. Ne ho sentito parlare, ho letto il libro, ho anche visto il film. Ma non c’era stata mai occasione di andarci, a Casale. E mi ha sorpreso. Mi ha sorpreso la pulizia delle strade, la dignità di alcuni palazzi Borbonici, la cortesia della gente (quando mi sono fermato a chiedere informazioni), la “normalità” che si percepisce. E consideravo, girando in macchina per le strade strette, un po’ affollate, ma anche per le vie nuove e limitate da edifici non spiacevoli, che mi ero fatto un’ idea sbagliata. E’ vero, se la guardi dall’ “asse mediano” Casale ti appare come la vedi in tv, con le case mezzo costruite, ed  una urbanistica, da lontano, discutibile. Ma se ci entri, ti accorgi che è un paese “normale”, che, anzi, emana una sensazione di “sud”, calda e a tratti (figuriamoci!) perfino rassicurante. E ti rendi conto che, anche su te, ha fatto presa la visione “mediatica”, quella che hanno le persone che qui non ci sono mai state, e che ha fatto dire ad una mia carissima nordica  amica (in tono scherzoso, ma a comunicare la sua sensazione), quando è venuta a Napoli la prima volta: “ma che strano… siamo in centro (via dei Mille nda) e non vedo neanche un terrone”. E poi, girando per cercare il posto dove potevo trovare l’auto desiderata al prezzo giusto (ma anche per “visitare”, visto che c’ero), sono passato davanti ad una pasticceria che, in me, evoca sensazioni di piacere quasi peccaminoso: ho visto l’insegna “Emilio” e mi sono detto che dovevo fermarmi, ed entrare. Emilio Goglia, per i pochi che non lo sanno, è l’ inventore del “roccobabà”, ma anche di tante altre delizie. E , se si guarda da fuori, il suo locale appare quasi come un negozio di gioie o di giocattoli, con tutti gli scintillii ed i colori che ti catturano già la vista. E poi, una volta entrati è un tripudio di sensazioni: olfatto, vista, e poco dopo anche gusto sono tutti a concorrere al piacere che si ricava. E quindi ho chiesto, ho preso una porzione “singola” di “rocco babà”, e , mentre la mangiavo, mi guardavo intorno. E le foto alle pareti, e gli articoli di giornale (quasi tutti stranieri, purtroppo) parlavano di lui, e del suo forte legame con le nostre origini Borboniche. La torta di battesimo di S.A.R. la Principessa Maria Carolina di Borbone (omonima della sposa di Ferdinando IV) è stata confezionata qui; con i gusti della nostra terra, limoncello e mandarini siciliani. Ed il vessillo del Regno è esposto nel locale, in modo orgoglioso e riservato. E, parlando con lui, ma anche leggendo le cose che mi mostrava, ho scoperto quanto questo signore è noto all’estero, quanto è amato, e quanto la sua Arte è apprezzata. E noi, a Natale, abbiamo ricevuto  (o forse anche portato ) in dono un pandoro industriale, o un panettone. Quanto scrivo non vuole essere una esaltazione di un singolo Artigiano (dove la maiuscola sta per “Arte”), ma la considerazione, che io stesso non avevo approfondita, di tutto il buono che portiamo fuori dai nostri confini (del Regno) senza che si sappia e che, giustamente, si celebri. Casal di Principe per tutti, in Italia, oramai, è il paese di Gomorra. Per me, è il paese, tra l’altro, di una pasticceria superlativa e della dimostrazione che l’inventiva meridionale porta anche a questo. Perché un dolce superbo, ma anche una idea innovativa (il TIGEM è Napoletano, lo sanno tutti ?),  uno studio ad alto contenuto tecnologico (Il CIRA è a Capua, lo sappiamo tutti?),  un animo elevato (il beato Giuseppe Moscati, per esempio) dovrebbero e dovranno essere quello che ci rappresenta perché è quello che ci appartiene. E Napoli, la Campania, il sud Italia in generale, non devono più essere rappresentati come la terra delle mafie, della munnezza (monnezza è romanesco, anche in questo hanno sbagliato), della pigrizia, disoccupazione quasi cercata, dello sfruttamento dello Stato. Ognuno di noi dovrebbe , prima all’interno del suo microcosmo sociale, andare a verificare di persona, visitando, discutendo, osservando, che cosa è la nostra terra. Non per difenderla (perché ci ha anche un po’ scocciato sto fatto della difesa del sud), ma per promozionarla, e per esserne fiero in modo consapevole.
Francesco Blosio