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Un movimento politico neoborbonico per il Sud? PDF Stampa E-mail

Negli ultimi giorni due articoli con conclusioni simili e un conseguente eventuale dibattito: sta per nascere un movimento politico neoborbonico per il Sud? Qualche giorno fa la recensione del nuovo (ottimo) libro di Gigi Di Fiore sul Sole24Ore a cura del prof. Mascilli Migliorini, storico e docente universitario, si chiudeva con alcune considerazioni relative ai rischi futuri delle “nostalgie borboniche fatte partito, mimesi del leghismo nordista con la possibilità di consegnare il Mezzogiorno ad una battaglia velleitaria dove ai mali antichi della miopia arrogante del Settentrione si sommano i mali non meno antichi della retorica vuota e furbastra del Meridione”. Sempre qualche giorno fa le pagine locali del Corriere della Sera ospitavano, invece, le considerazioni dello scrittore Vladimiro Bottone. Premesso che non si può mettere sullo stesso piano il leghismo nordista al potere da decenni e capace di condizionare le politiche nazionali e il leghismo (ancora solo eventuale) sudista e premesso che ci sorprende non poco nell’analisi del prof. Mascilli l’assenza di critica (e autocritica) nei confronti delle classi dirigenti meridionali (docenti universitari compresi) responsabili di questioni meridionali aperte dal 1860, mai risolte e sempre più drammatiche, qualche osservazione può essere utile.
Per Bottone esiste un’area “sudista-neoborbonica” che è già “un movimento po-li-ti-co e la Politica si maneggia con il rispetto dovuto: della dimensione politica il sudismo possiede alcune caratteristiche salienti: a) un Nemico; b) una mitologia coerente con l’evocazione di quel nemico e traducibile in simbologie e slogan capaci di mobilitare l’opinione pubblica. Si badi: la mitologia fondativa di ogni movimento politico e indispensabile perfino ai padri costituenti non è sinonimo di menzogna o favola”. Il sudismo -continua Bottone- ha anche un’epica: da un lato “l’epopea del brigante, figura eroica capace di esaltare al contempo il ribellismo e il sanfedismo, tenendo insieme descamisados e gentiluomini di camera”; dall’altro “l’Unità come annessione illegittima e processo di colonizzazione del Mezzogiorno, come rottura di una società ben governata che aveva in sé tutte le chance per giocarsi in modo più che competitivo la partita della modernità”. Due tesi, sempre secondo Bottone, rispettabili in quanto legate a “un certo amore per la terra dei padri, la «patria napoletana». E, insieme, al desiderio di non doversi più vergognare della propria storia”. Non si tratta, però solo di “cenacoli” ma delle premesse di un nuovo progetto: “quello che permetterà all’ideologia sudista di compiere il salto dimensionale necessario per nascere al mondo della politica. E, quindi, di venire pesata elettoralmente”. E l’incubatrice ideale per Bottone è il tempio delle “pulsioni prepolitiche” e della “comunione identitaria” oltre che delle contrapposizioni Nord/Sud: lo stadio e in particolare lo stadio San Paolo. “Manca poco, dunque. Quando la nuova fede politica sudista e l’antica fede calcistica troveranno il loro punto di fusione nel crogiolo del tifo, avremo bella che pronta una lega nuova di zecca. Quella lega sud che, a condizioni invariate, la società meridionale è destinata a partorire intercettando il malessere psicologico, nonché le sostanziose ragioni, di ceti e mondi accomunati dalla battuta d’arresto, su ogni piano, del Mezzogiorno d’Italia. Una lega sud uguale e contraria, nonché complementare, a quella padana. E’ bene? E’ male? Non saprei…”. Premesso che fin dal 1993 i neoborbonici hanno portato, diffuso e radicato proprio sullo stadio la bandiera delle Due Sicilie che ha di fatto sostituito quella sudista-americana diventando il simbolo dell’orgoglio napoletano e meridionale, premesso che Bottone ha il merito di aver evidenziato il valore e l'importanza dell'identità e delle simbologie identitarie (al contrario di qualcuno evidentemente miope del mondo neo-meridionalista), dove concordiamo in pieno con Bottone è quando definisce tutto questo “una nuova narrazione della vicenda meridionale all’atto dell’Unità e dopo l’Unità” e concordiamo soprattutto sull’aggettivo “nuova” poiché, come diciamo da tempo e al contrario di quanto sostenuto in genere dalla cultura “ufficiale” (compreso il prof. Mascilli), in questi ultimi decenni la cultura neoborbonica-sudista, pur con il passato al centro delle sue analisi di partenza, è paradossalmente l’unica vera novità con prospettive sconosciute e difficili da prevedere e proprio per questo al centro di articoli e di dibattiti (“Dove va il neoborbonismo” si chiedevano qualche mese fa i docenti universitari riuniti a New York). Inevitabile e ovvio che, anche a prescindere dagli opinionisti di turno e dai loro timori o dai loro rancori, siamo prima di tutto noi neoborbonici&sudisti a dover rispondere a questo quesito, un quesito importante per il futuro dei popoli dell’ex Regno delle Due Sicilie…
Gennaro De Crescenzo