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Tesi neoborboniche: prospettive e (consueti) nemici PDF Stampa E-mail

Negli ultimi tempi si è acceso un dibattito interessante su diversi quotidiani ed in particolare su Il Mattino a proposito della storia borbonica o neoborbonica.  In estrema sintesi: 1)      i consueti “nemici” delle nostre tesi sono d’accordo sulla necessità di un riscatto del Sud  (cfr. L. Mascilli su Il Mattino del 23/2 e M. Martone 30/3): del resto è fin troppo evidente e innegabile che (da oltre 150 anni) esiste una questione meridionale e che negli ultimi anni è stata dimenticata e si è aggravata senza alcun intervento positivo; 2)      è evidente la diffusione delle idee neoborboniche e della storiografia neoborbonica soprattutto tra i giovani (come riconosciuto sempre da Mascilli, da M. Martone, Il Mattino 30/3/12 o, tra gli altri, da G. Oliva nell’introduzione del suo ultimo testo, “Un Regno che è stato grande. La storia negata dei Borboni di Napoli”, Mondadori, marzo 2012) così come è evidente l’assenza di un ricambio della vecchia generazione degli intellettuali ufficiali “napoletani” o meridionali che reagiscono seguendo due linee di comportamento:
a)      evitano dibattiti e confronti censurando interventi di segno contrario nei media da loro controllati;
b)      delegittimano le nostre posizioni semplicemente etichettando come “neoborboniche” tutte le tesi  contrarie e banalizzando i nostri contenuti (“i soliti primati”, le “nostalgie” ecc.) senza mai entrare nel merito e senza mai confrontare ricerche, documenti e dati continuamente aggiornati dalla nostra parte pur riconoscendo magari (Martone cit.) molte delle nostre tesi (tra tutte quella del “risorgimento” come massacro, colonizzazione e saccheggio delle “nostre ricchezze”);
c)      tentano (tenuto conto dei punti 1 e 2) di rompere la coincidenza Borbone-storia borbonica-identità-orgoglio-riscatto anche in maniera pretestuosa (ultimo esempio la vertenza “Borbone stranieri/Borbone napoletani” senza alcun dubbio risolta a favore della seconda ipotesi).
- Per questi motivi possiamo considerare giusta la strada da noi intrapresa fin dal 1993 come Movimento Neoborbonico con un obiettivo chiaro e preciso: formare e cambiare le nostre classi dirigenti: altro che “piangerci addosso”: cfr. M. Demarco, “Terronismo”, Piemme, 2011 e/o V. Cusenza, Il Mattino, 21/3/12): altro che “derive neoborboniche” (Martone cit.): i neoborbonici vogliono realmente il riscatto del Sud a differenza di tutti coloro che (in una vera e propria deriva, quella sì, culturale e politica), fermi sulle loro posizioni, hanno trascinato il Sud nelle condizioni che sappiamo dal 1860 ad oggi.   
- Gli attacchi dei consueti nemici delle tesi neoborboniche, allora, sono funzionali alla conservazione delle loro posizioni ideologiche egemoniche oltre che (dal 1860 ad oggi) alla difesa ovvia dei loro ruoli di assoluto privilegio come vecchie classi dirigenti responsabili oggettivamente della gravità della situazione attuale del Sud, poco propense (ovviamente) all’autocritica e molto propense ad attribuire ad altri le proprie colpe e la loro ormai storica incapacità di rappresentare il Sud (altro che le noiose colpevolizzazioni dei Borbone o della gente meridionale, altro che le “dipendenze dagli stranieri”, altro che improponibili e insostenibili origini genetiche o medioevali dei problemi meridionali).
- Le loro posizioni, del resto, sono  identiche da oltre 150 anni e sono le stesse posizioni che hanno creato (e che creano) le condizioni di subalternità che l’ex Regno delle Due Sicilie vive da un secolo e mezzo. Paradossalmente è dalle nostre tesi così legate al passato (e sostanzialmente inedite o certamente mai predominanti in tutti questi anni) che possono venire fuori i riferimenti necessari per il riscatto degli antichi popoli meridionali.
- Di qui il successo e il consenso crescente delle nostre iniziative. Di qui gli attacchi dei nostri avversari. Di qui la necessità delle nostre battaglie culturali prima di qualsiasi altro tipo di sfida di carattere non solo culturale. 
Napoli, 28 marzo 2012, Gennaro De Crescenzo (Commissione Cultura – “Parlamento delle Due Sicilie”).